mercoledì 7 maggio 2008

Stralci

Memorie di una ragazza per bene (Simone de Beauvoir) - pp.128-129

(...) Non regnavo più sul mondo; le facciate delle case, gli sguardi indifferenti dei passanti mi esiliavano. Fu per questa ragione, che il mio amore per la campagna prese dei colori mistici. Arrivata a Meyrignac, i muri crollavano, l'orizzonte si allontanava. Mi perdevo nell'infinito pur restando me stessa. Sentivo sulle palpebre il calore del sole che brilla per tutti, ma che lì, in quell'istante, non accarezzava che me. Il vento volteggiava intorno ai pioppi: veniva da altri posti, da dovunque, scuoteva lo spazio, e io turbinavo immobile fino ai confini della terra. Quando nel cielo si levava la luna, io comunicavo con le lontane città, con i deserti, i mari, i villaggi che in quel momento si bagnavano nella sua luce. Non ero più una coscienza vacante, uno sguardo astratto, ma l'odore ondoso dei campi di grano, l'odore intimo delle brughiere, il calore spesso del mezzogiorno, o il fremito dei crepuscoli; avevo peso, e tuttavia evaporavo nell'azzurro, non avevo più confini. (...) Di nuovo mi sentivo unica e necessaria: era necessario il mio sguardo perchè il rosso del faggio contrastasse con l'azzurro del cielo e l'argento dei pioppi. Quando me ne andavo il paesaggio si disfaceva, non esisteva più per nessuno: non esisteva più affatto. (...)

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